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NOVENA 2020
in preparazione alla FESTA della
MADONNA di BONACATU
Inizio giovedì 10 settembre
ogni giorno mezz’ora prima della messa vespertina (ore 18)
domenica 13 settembre la novena sarà alle ore 8
Vergine Santa adumbrada…
Cherghiades pro nois pregare de Bonacatu giamada!
La festa dell’Assunzione di Maria Vergine in cielo, in anima e corpo, che celebriamo nel cuore dell’estate, pur in questo contesto di pandemia e di rinnovati distanziamenti, porta nella nostra vita una luce e una speranza che provengono direttamente dal mistero della Pasqua del Signore Gesù. Uno dei testi che pregheremo nella solenne Liturgia è il Prefazio di questa Messa: esso ci aiuta a entrare nel significato profondo della festa: In lei, primizia e immagine della Chiesa,
hai rivelato il compimento del mistero di salvezza
e hai fatto risplendere per il tuo popolo,
pellegrino sulla terra,
un segno di consolazione e di sicura speranza. Siamo invitati a guardare Maria poiché in lei vediamo ciò che anche a noi è promesso. Certo La Vergine, a motivo della sua purezza originaria, ha avuto il privilegio di non sperimentare la corruzione della morte, cioè il disfacimento del corpo. Noi invece essendo tutti peccatori non possiamo pretendere il privilegio che alla Vergine è stato concesso. Ma Gesù, con la sua morte e la resurrezione, ci ha aperto le porte del cielo e, attraverso sua Madre, ci ha fatto intravedere il destino di gloria che ci attende. Troppo corto sarebbe il respiro della celebrazione odierna se essa, assieme all’esultanza per le grandi cose che il Signore ha operato in Maria, non ci rivelasse anche una verità profonda della vita di ognuno di noi: nell’Assunzione di Maria santissima in cielo ci viene rivelato il valore profondo della nostra esistenza. Ogni vita umana è destinata all’eternità. Nulla di ciò che abbiamo vissuto sulla terra, a esclusione del male, andrà perduto. Questo è il primo messaggio che possiamo raccogliere dalla festa dell’Assunzione. Divenendo uomo, assumendo la nostra carne umana, Dio ha rivelato in modo chiaro il valore positivo della creazione e in essa della persona umana, compreso il suo corpo.
Nella prima lettera ai Corinti Paolo chiarisce: Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo… Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Non appartenete a voi stessi… Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1Cor 6,13-15; 19-20). Non dobbiamo idolatrare il nostro corpo, come se fosse un dio, ma neppure disprezzarlo, come se fosse il carcere dell’anima. Dobbiamo farne veramente uno strumento di lode a Dio, sapendo che è tempio dello Spirito Santo in tutti coloro che per il Battesimo e l’Eucarestia, partecipano del bellissimo dono di essere casa della Trinità.
Un secondo messaggio, che ci viene dalla festa dell’Assunta, di estrema importanza e consolazione per tutti noi, ci parla della certezza che la vita non finisce con la nostra morte fisica. Gesù è risuscitato e siede alla destra del Padre. Sì, potremmo dire, ma Lui è Dio. Con l’Assunzione di Maria la Chiesa ci vuole rassicurare sulla verità di ciò che Gesù aveva detto: Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà (Gv 11,26) e san Paolo dice che Gesù è il primogenito dei risorti, primizia di coloro che sono morti (1Cor 15,20). Dunque la resurrezione è il destino buono che attende chiunque avrà creduto in Gesù, apertamente conosciuto o misteriosamente amato nello Spirito Santo. La nostra vita non finisce qui. Troppo piccola per i nostri desideri, troppo ingiusta per le molte diseguaglianze, troppo breve per le nostre attese sarebbe un’esistenza che si concludesse sulla terra.
Non veniamo dal nulla e non andiamo verso il nulla! Siamo attesi, anzi siamo attratti da un Padre che ci ha voluti e ci ama. La solennità odierna è occasione, nonostante preoccupazioni e dolori, per vivere un momento di luce e di speranza, una festa che fa guadagnare serenità alle nostre giornate, pur così attraversate da tanti dolori e preoccupazioni. La pace nasce quando sappiamo che, in forza della misericordia di Dio e del nostro pentimento, il male è perdonato e giorno dopo giorno i cuori degli uomini che amano Dio vengono risanati. Nasce nel tempo un inizio visibile di quella Gerusalemme celeste che sarà la nostra abitazione per sempre, ricca dei canti e delle luci dei santi e soprattutto della presenza di Dio, che sarà per noi una continua scoperta.
La festa dell’Assunzione di Maria non ci parla soltanto della meta, ma anche della strada da compiere per noi pellegrini, sull’esempio della nostra Madre celeste, che fu pellegrina del Cielo in tutti i giorni della sua vita sulla terra. Celebriamo la festa dell’Assunzione di Maria, l’entrata in cielo di colei che ha creduto, accanto al Figlio, anticipando la méta che attende ogni uomo. Maria ci precede nell’accoglienza di quella Parola che genera il Figlio in noi, ma ci precede anche nella speranza della resurrezione, nell’assunzione di tutta l’umanità nella vita di Dio. Per farci comprendere questo mistero, la Liturgia di oggi ci porta all’inizio di quella storia, in cui il cielo è sceso sulla terra e si è fatto piccolo germe di vita nel grembo di una semplice donna di paese, e ci propone il brano del Vangelo che racconta la visita della Madre del Messia alla cugina Elisabetta. La Madre di Dio dopo aver ricevuto l’annuncio della sua maternità da parte dell’angelo si reca in fretta e con amore da Elisabetta sua parente anziana, per condividere la propria gioia con qualcuna che stava vivendo una situazione molto simile. Il motivo della festa, dunque, è la gioia per essere amati da un Amore fecondo. Cerchiamo di immaginare la scena dell’incontro nella casa di Zaccaria. Si potrebbe dire che le protagoniste sono due donne che s’incontrano, due donne incinte, una vecchia, vecchia di decina di secoli di attesa – il Battista rappresenta anche più di 2000 anni di attesa, rappresenta tutta l’umanità da che attende il Salvatore promesso dall’inizio dei tempi. Quindi una donna che porta in sé l’attesa antica dell’umanità. L’altra, una ragazzina che porta in sé l’Atteso dall’umanità, che porta in sé la novità, la vita nuova. L’anziana porta il desiderio, la giovane il Desiderato; una porta la fame, l’altra il cibo. E c’è l’incontro che diventa avvenimento. Ma credo sia giusto affermare che questo incontro non avviene tanto tra le Maria ed Elisabetta, quanto tra i due bimbi che sono nel grembo delle loro mamme che sono nella gioia. Quindi Maria prorompe nel Magnificat il suo cantico di gioia: tutti secoli la chiameranno beata, in corpo e anima sarà per sempre accanto al Signore perché ha collaborato con Lui all’opera della redenzione.
Maria è Madre di Dio perché ha creduto alla Sua parola e accettato la Sua proposta. La sua beatitudine vale per ciascuno di noi che fa come lei, che oggi celebriamo recuperando il senso profondo di riconoscenza al Signore per la Sua presenza, per la Sua visita tra noi.
Nota storica
Il dogma dell’Assunzione fu proclamato da Papa Pio XII il 1° novembre 1950, Anno Santo, attraverso la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus. Ma ciò che esso ha definito era già presente nella fede della chiesa (sensus fidelium), e in particolare in quella popolare, fin dal IV secolo, quando un padre della Chiesa, Epifanio di Salamina, cercò di rispondere al quesito circa il destino finale di Maria. Ci si domandava infatti se Maria, essendo totalmente immune dal peccato – e uno degli effetti del peccato originale è la morte – avesse ugualmente dovuto soggiacere a quest’ultima come tutti gli esseri umani. Così nel VI secolo il vescovo di Livias (vicino a Gerico) disse in un’omelia: “Era conveniente che quel corpo che aveva portato in sé e custodito il Figlio di Dio, dopo essere stato sulla terra, venisse accolto gloriosamente in cielo insieme con l’anima”.
Intanto nella Chiesa si cominciavano a celebrare le feste mariane. E la prima fu proprio quella che è all’origine dell’attuale festa dell’Assunta: il 15 agosto del 453 a Gerusalemme veniva dedicata alla morte di Maria una chiesa chiamata col suggestivo termine di “Dormitio”, perché Maria al termine del suo cammino terreno era veramente morta, addormentandosi. Nella tradizione orientale infatti la morte di Maria è chiamata dormitio (addormentamento) o anche transitus (passaggio). Più tardi, nel VII sec., il vescovo Modesto di Gerusalemme annunciava nelle sue omelie che “Maria è stata presa dal Signore dei Signori della Gloria”, ed esaltava il trapasso glorioso della Madre di Dio, “tratta dal sepolcro e chiamata a Sé dal Figlio in un modo noto solo a Lui”.
Mons. Arcivescovo ha pure accolto la richiesta presentatagli da parte di don Maurizio Spanu, parroco di Tonara, di poter usufruire di un anno sabbatico e di completamento dei suoi studi in Sacra Scrittura.
COSA NE FAREMO?
Le sette parabole del Regno, inserite nel capitolo XIII, costituiscono il cuore del vangelo di Matteo. In questa domenica siamo chiamati a contemplare le ultime tre: il tesoro nel campo, la perla preziosa e la rete piena di pesci buoni e cattivi.
Gesù oggi non spiega le parabole ma pone una domanda: Avete compreso tutte queste cose? Gli risposero: Sì. Ed egli disse loro: Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.
Ecco alcune dimensioni importanti per capire bene: Un uomo: chi è l’uomo? Un cercatore di novità, verità. zappa il campo: non si accontenta del prodotto spontaneo del terreno, vuol renderlo fertile, ricavare di più. Siamo cercatori dell’infinito. Se il campo sono io, allora perché accontentarmi di quello che ho? Necessita cercare in me, fare silenzio, meditare. Avvicinandomi alla verità che è in me, un lumicino pian piano rischiara il tutto, tutto il tesoro che è in me. Trova un tesoro: apparentemente per caso. Il tesoro nascosto è l’immagine di me stesso: esso si trova in mezzo al campo, in mezzo alla sporcizia. Debbo vangare la terra per trovare il mio vero sé. Mi accorgo d’essere ricco e di essere ricchezza. Entro in me, riconosco di essere humus, terreno fertile, ricco di sentimenti Il ritrovamento genera sorpresa – gioia. Ancora: Il mercante che va in cerca di perle preziose traffica, cerca una perla sempre più bella, la più splendente, non si accontenta. Il ritrovamento è premio per il suo lungo cercare…. La perla: soddisfa la sete di infinito. La perla nasce nella ferita dell’ostrica: un granello di sabbia che fa male, ma poi viene rivestito di smalti luminosi e meravigliosi. In mezzo alle mie ferite posso trovare il mio sé, l’immagine che Dio si è fatto di me. La ferita frantuma tutte le immagini che ho indossato e con le quali occulto il mio vero sé. L’impronta di Dio incarnato in Cristo genera stupore: veramente tu sei il Dio nascosto. Dio è il tesoro, tu sei lo scrigno, vuol renderti perla. Ancora: una rete gettata in mare: la rete è fatta per raccogliere ciò che è nel mare e portare alla mensa. La rete è Cristo mandato da Dio a celebrare con cui si unisce alla carne umana in modo stabile e duraturo. Ha il compito di riunire i figli di Dio dispersi e condurli a Lui. L’acqua dolce serve per dare vita (bere, innaffiare) come per dare morte (naufragio – annegamento). quando è piena: il datore di lavoro è paziente, attende la pienezza del tempo, attende che tutti i pesci siano entrati. La salvezza è per tutti. I pescatori la tirano a riva: dipendenti che compiono il compito loro assegnato dal datore di lavoro mettendo a rischio la propria vita. I servitori fedeli li portano a realizzare il fine della loro esistenza: essere commestibili per dare vita. Seduti: è seduto chi è sicuro di sé. Il Maestro dalla barca insegna stando seduto. Il giudice è seduto in tribunale. La croce è il trono di Cristo.
Raccolgono i pesci buoni: i pesci con squame e pinne hanno conservato la capacità natatoria, hanno attraversato il mare luogo pieno di insidie forti di carattere hanno irrobustito le difese per vivere. Hanno combattuto la buona battaglia della fede.
Li mettono nei canestri: li conservano per il pasto, sono utili. Dei pani avanzati alla cena di Gesù furono riempiti 12 cesti. Nulla di buono va gettato. Gettano via i cattivi: privi di difesa e capacità natatoria. Sono morti. Infettano. Privi di ideali hanno rinunciato a combattere, si sono adeguati alla mentalità corrente. Non hanno sfruttato il loro tesoro: la capacità natatoria e il tempo loro concesso. Finiranno nella fornace ardente. Il verbo è al futuro. A loro maggior vergogna prima vedranno dove vanno i perseveranti poi, colmi di vergogna, finiranno nel fuoco inestinguibile, nella Geenna, nella discarica di Gerusalemme
Nel mare di questo mondo non è possibile separare i buoni dai cattivi. Viviamo insieme come il grano con la zizzania. Occorre responsabilità, uso corretto della libertà, buona conoscenza di sé, innamorarsi della meta, capacità di chiedere aiuto.
Cogliere le occasioni che il Signore ci offre per incontrarlo. Metterci alla ricerca di ciò che conta veramente per esperimentare la gioia della conquista e del godimento.
Chi fa questa offerta è pronto a farne parte agli altri.
ogni scriba, ogni conoscitore della parola di Dio
divenuto discepolo del regno dei cieli, avendo accolto Cristo, il tesoro nascosto.
è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche sa comprendere le promesse del 1° testamento e vederne il compimento nel 2° testamento.
Dio mi offre la salvezza, a me il compito di scegliere-preferirla ad ogni altra ricchezza
Quale invito mi rivolge questa Parola? Quali valori mi presenta?
Contempla Dio prodigo nel donare in Cristo se stesso
Preghiera.
O Padre, fonte di sapienza, che ci hai rivelato in Cristo il tesoro nascosto e la perla preziosa, concedi a noi il discernimento dello Spirito, perché sappiamo apprezzare fra le cose del mondo il valore inestimabile del tuo regno, pronti ad ogni rinunzia per l’acquisto del tuo dono (dalla Liturgia).
La parola di Dio di questa domenica XV del Tempo Ordinario è ricca di stimoli spirituali e pastorali. Il vangelo di Matteo ci presenta Gesù in riva al mare, sua una barca, con un uditorio numeroso che incomincia a raccontare una parabola. Questa volta è una parabola facile da intendersi, anche perché è spiegata direttamente dal maestro. Presentazione, svolgimento del tema, spiegazione di esso e conclusioni di vita pratica e spirituale.
Cosa vuole insegnarci Gesù?
Non certo a fare il seminatore, il contadino, lavoro nobilissimo ed importantissimo per la produzione del necessario a vuole, non ha aperto una scuola agraria per dire come e quando si semina per poter ottenere dei buoni risultati.
Egli parla, utilizzando il linguaggio agricolo, della seminagione di altro seme, che è la parola di Dio. Ci invita cioè a capire quanti sia importante seminare questa parola nel cuore della gente, ma soprattutto come accogliere il seme buttato sulla terra, specie se non è ben predisposta ad accoglierla.
I risultati possono essere discreti, buoni o ottimi, oppure zero e fallimentari per se stessi e per gli altri. Nel merito della vicenda del seminare seme buono Gesù alla fine dice cose che spiegano le diverse risposte date dai vari terreni, cioè il cuore e la mente delle persone, che sono in grado di ascoltare e far maturare dentro di loro la parola di Dio, che chiama alla conversione e alla vita di comunione continua con Lui.
Cosa succede, allora, quando la parola non oltrepassa e freddi ostacoli del nostro ragionare?
Succede che ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. In questo caso il furto effettuato dal Diavolo è quello della grazia e proprio perché strappato, con la nostra volontà esso non può dare alcun frutto o ciò che spera opera di bene.
Non diverso dalla prima condizione, la seconda è quella del seme, seminato sul terreno sassoso. Questo seme, in termini metaforici, indica colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno.
Sono quei cristiani o credenti in generale che si entusiasmano facilmente e facilmente si deprimono e scoraggiano quando le cose non vanno secondo i loro progetti di vita e di attese varie.
Il seme seminato tra i rovi rappresenta, poi, colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. In poche parole, quando ci facciamo distrarre da altri interessi, soprattutto di ordine materiale e temporale, noi ci allontaniamo da Dio, che è parola di vita.
Infine, qualche speranza che la parola di Dio possa prendere piede e realizzare, più o meno, in parte o in tutto, quello che essa contiene è poi quello che riguarda il seme seminato sul terreno buono. Questo seme è rappresentato da colui che ascolta la Parola e la comprende; di conseguenza la mette in pratica e quindi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno». Gesù, quindi ci vuole dire, con questa parabola spiegata direttamente da lui, che per vivere veramente della sua parola, bisogna comprenderla, meditarla, farla crescere, sviluppare e rapportarla al proprio vissuto feriale e festivo. In poche parole farne di essa il riferimento importante nel nostro agire quotidiano.
Preghiera:
Accresci in noi, o Padre, con la potenza del tuo Spirito la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola, che continui a seminare nei solchi dell'umanità, perché fruttifichi in opere di giustizia e di pace e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno. Amen.