Per comunicare con il parroco
Telefono fisso: 0783/296719
Cellulare: 3475412899
sanjoseph@virgilio.it (mail ufficiale della parrocchia)
Santa Teresa D'Avila iniziava sempre le sue preghiere salutando Dio così: mio Re! Teresa aveva immaginato la vita di ognuno di noi come un castello. Abbiamo un giardino, delle mura tutto attorno, un grande ingresso, tantissime stanze con tantissime porte che ci conducono in altre stanze e così via, fino ad arrivare alla stanza che si trova al centro del castello. In questa stanza c'è Gesù, il Re. Se noi scegliamo di essere amici di Gesù, lui starà al centro del nostro castello, perciò al centro della nostra vita! E con un re così non possiamo che essere sereni e felici! Ma perché Gesù al centro del nostro castello ci fa felici? Che Re è Gesù?
Innanzitutto, come dice la seconda lettura di oggi, Gesù è Re perché ha partecipato con il Padre e lo Spirito alla creazione di tutte le cose, visibili e invisibili! La creazione è il suo regno! Lui ha creato i fiori, il mare, il cielo, le stelle, ... ma soprattutto Lui ha creato noi, il nostro stupore nel guardare le stelle, la nostra gioia nel giocare con le onde del mare, l'amicizia che ci fa stare bene con gli amici e la bellezza dell'essere amati. Lui ci ha creati nel Paradiso, per il Paradiso: il suo regno creato per noi! Ecco perché Gesù è Re quando sulla croce apre il Paradiso al ladrone che lo riconosce figlio di Dio: perché solo un Re può aprire le porte del regno e far entrare chi ne è degno. E ne è degno chi lo riconosce Re!
Da che cosa Gesù capisce che questo uomo condannato alla croce, che ha vissuto da delinquente è degno del suo Regno?
Rileggiamo le ultime parole del ladrone: "Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno".
Quest'uomo parla del Paradiso che sa benissimo non essere il posto per un ladro! Ma parla di regno e chiedendo di entrare domanda perdono per essere degno dell'Amore di Dio. E Dio non si nega a nessuno!
Oggi è il giorno in cui ognuno di noi deve guardare nel suo castello, guardare all'avvento che sta per iniziare come tempo per preparare la stanza al centro, perché tutto sia pronto per accogliere il RE. Il bambino Gesù che tra poco nascerà, verrà a ricordarci che il suo regno è semplicemente un regno di amore dove, per entrare, basta chiedere al RE!
Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Cagliari (Italia) il Rev.do Mons. Giuseppe Baturi, Sotto-Segretario della Conferenza Episcopale Italiana.
Rev.do Mons. Giuseppe Baturi
Il Rev.do Mons. Giuseppe Baturi è nato il 21 marzo 1964 a Catania, nell’omonima provincia ed arcidiocesi. Dopo la maturità scientifica, ha ottenuto la Laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Catania. Come alunno del Seminario Arcivescovile ha frequentato lo Studio Teologico San Paolo di Catania, conseguendo il Baccalaureato in Teologia. Successivamente, presso la Pontificia Università Gregoriana, ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico.
È stato ordinato sacerdote il 2 gennaio 1993, per il clero di Catania.
Dopo l’ordinazione è stato Parroco della parrocchia di Valcorrente, frazione di Belpasso (1993-2002) ed Economo Diocesano (1999-2008). È stato, inoltre, Vicario Episcopale per gli Affari Economici, Membro del Consiglio Presbiterale, Procuratore Generale dell’Arcivescovo, Vicepresidente dell’Opera Catanese per il Culto e la Religione, Membro dei Consigli di Amministrazione dell’Opera Pia dei Chierici Poveri, del Pio Istituto Educativo San Benedetto e dell’Associazione Comitato Regina Pacis di Belpasso, Membro del Comitato Direttivo della Fondazione Michelangelo Virgilito di Palermo. È stato anche Responsabile di Comunione e Liberazione per la Sicilia
È Cappellano di Sua Santità dal 2006 e Canonico Maggiore del Capitolo Cattedrale di Catania dal 2012.
Dal 2012 all'aprile 2019 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Giuridici e Segretario del Consiglio per gli Affari Giuridici della Conferenza Episcopale Italiana.
Dal 2015 è Sotto-Segretario della medesima Conferenza.
Auguri alla Chiesa sorella...e al nuovo Pastore diocesano calaritano
Per una volta partiamo dalle ultime parole del vangelo di questa domenica. Anche nella nuova edizione del Lezionario, approvato dai vescovi italiani della CEI, si è voluto conservare la traduzione tradizionale siamo servi inutili che rende, letteralmente, il testo latino servi inutiles sumus. Con questo significato il messaggio evangelico dovrebbe avere un valore quasi negativo: chi è servo (o anche chi semplicemente svolge un servizio) anche quando ha fatto lodevolmente (e in modo completo) ciò che gli è stato ordinato di compiere, dovrebbe sempre avere chiara la percezione che non è servito a nulla. Nella maggior parte dei dizionari italiani e latini il termine inutile è esattamente colui che è servito a nulla. Che non dà alcuna utilità o vantaggio. Un oggetto (esempio un utensile) diventa inutile quando ormai è inservibile perché guasto o per altri motivi; ci sono stragi e massacri inutili (es. quelli della guerra) quando non rechino alcuna utilità per la condotta delle operazioni e per la soluzione del conflitto. Riferito a una persona, sottolinea il ruolo di chi è di nessuna utilità per il suo ambiente o per la società; talvolta in italiano assume una sfumatura che lo avvicina al termine superfluo oppure inefficace, cioè che non produce il risultato voluto o sperato, che rimane senza effetto. Anche l’avverbio inutilménte, conserva lo stesso significato: senza alcuna utilità, senza risultato: es. spendere inutilmente il proprio denaro; il loro lavoro non può essere apprezzato, quindi non ha alcun valore. Credo che, nel caso delle parole di Gesù, questo tipo di traduzione invece di farci capire il vero insegnamento che voleva insegnare il Maestro ai suoi discepoli, ci allontani dal cuore del brano evangelico. La Parabola di Gesù infatti parla volutamente di servizio fatto con impegno: i servi del vangelo hanno eseguito alla perfezione ciò che il loro padrone aveva comandato. E siccome hanno agito fino in fondo per ubbidire al loro padrone, pare perlomeno strano che questi non valuti per nulla il loro operato. In altre parabole il padrone fedele è lodato, i servi hanno ricevuto la giusta ricompensa, anzi di solito vengono ripagati generosamente (cfr. i lavoratori dell’ultima ora). Come mai questa volta l’impegno, la fatica, il senso del dovere non ottiene gratitudine e ricompensa nel cuore di Gesù? Credo che bisognerebbe fare un passo più profondo. Il servizio, e anche il ministero, si deve esercitare fino in fondo non per cambiare lo stato sociale, per avanzare in grado, per migliorare, per guadagnare, occorre fare e basta. Fare tutto… tanto per farlo. Chi serve, serve non è per ottenere le grazie del padrone, per accrescere il suo prestigio; occorre fare, e fare tutto semplicemente perché il padrone ce lo ha chiesto, questo significa avere la piena e limpida coscienza di avere fatto semplicemente il nostro dovere (non nel senso del diritto o del sindacato) ma per amore del Padrone. Un po’ come ha fatto Gesù che si è messo a nostro servizio non perché Dio un giorno gli possa dire grazie, ma solo per indicarci l’unica via della nostra personale realizzazione, cioè la nostra salvezza. Ci ha dato l’esempio. Così tutti i discepoli: una volta che abbiamo fatto tutto e solo ciò che Dio e la coscienza ci hanno chiesto, dovremmo con gioia poter dire siamo solo servi… Abbiamo fatto ciò che ci è stato richiesto… non ci attendiamo nulla… ma siamo felice di aver servito Dio e i fratelli.
Mons. Mario Franco Carrus,
Arciprete del Capitolo Metropolitano.
Don Mario era nato a Oristano l’11 settembre 1936; dopo gli studi ginnasiali nel Seminario Arcivescovile e quelli liceali e di teologia a Cuglieri, dove conseguì la Licenza in Teologia dogmatica, venne ordinato sacerdote in Cattedrale il 9 luglio 1961 da mons. Sebastiano Fraghì; a soli 26 anni divenne Arciprete-Parroco e Vicario foraneo di Santa Giusta, incarichi che svolse con impegno e zelo fino al 1988 allorquando mons. Pier Giuliano Tiddia lo volle come suo Vicario Generale. Fin da giovane prete ricoprì importanti incarichi pastorali: animatore in Seminario, assistente diocesano della Gioventù Fem. e degli Adulti di AC; mons. Spanedda lo chiamò a dirigere l’Economato diocesano e poi lo nominò Canonico onorario nel 1978. Divenuto canonico effettivo nel 1988, nel 2004, fu eletto Arciprete del medesimo Capitolo. Preziosa la sua opera nella preparazione e nella celebrazione del Concilio Plenario Sardo; la Santa Sede lo promosse Protonotario Apostolico Soprannumerario. Mons. Carrus, in spirito di servizio e per amore alla chiesa arborense, è sempre stato disponibile prestando la sua intelligente opera sia nella predicazione sia nel governo della diocesi, con ben 4 arcivescovi. Ha collaborato per tanti anni prima nella nostra Parrocchia di San Giuseppe lavoratore, poi in quella di Sant'Efisio martire fino a poche settimane fa.
La nostra Comunità parrocchiale si unisce con affetto al dolore dell’Arcivescovo, del Presbiterio arborense, e dei familiari.
Grazie carissimo monsignore per tutto ciò che hai fatto e sei stato nella nostra comunità.
R.I.P.